“Face 2 Face” con il Presidente Marco Agnello. Il 4° numero della rubrica sportiva
La storia del calcio a Santa Croce Camerina è contornata da episodi “epici”, dal contributo essenziale di giocatori leggendari e dall’impegno di grandi dirigenti che nel bene e nel male hanno scritto pagine importanti nel calcio dilettantistico siciliano. Nell’albo dei più i grandi e importanti dirigenti calcistici camarinensi, certamente, c’è da annoverare la figura di Marco Agnello che ininterrottamente da un decennio mantiene la massima carica di dirigente dell’UPD Santa Croce. Marco Agnello può benissimo definirsi il presidente dei record, ovvero, più prolifico della storia del calcio camarinense. Sotto la sua guida l’UPD Santa Croce, infatti, ha conquistato obiettivi mai raggiunti in passato, approdando per la prima volta, nella stagione 2009-10, nel massimo campionato regionale di “Eccellenza” e raggiungendo, nel campionato 2013-14, la finale di Coppa Italia di “Promozione” contro il Mussomeli. Il quarto appuntamento con “Face 2 Face” sarà dedicato al presidente Marco Agnello che in questa intervista ci racconta della sua storia infinita con il Santa Croce calcio.
Nonostante la società non avesse tra gli obiettivi minimi il salto di categoria il tuo Santa Croce ha sfiorato per ben 3 stagioni la promozione in Eccellenza perdendo prima una semifinale di Coppa Italia nel 2012, poi una finale di Coppa Italia nel 2014 e infine una semifinale play-off nel 2015. Cosa è mancato secondo te, in questi anni, per realizzare quello che poteva essere un traguardo sportivo sorprendente per S.Croce? “Hai detto bene, la società non aveva come obiettivo primario il salto di categoria in quanto le forze e le risorse non lo permettevano. Sarebbe stato facile rinforzare ulteriormente la squadra indebitando la società e prendendo in giro giocatori e tifosi. Fortunatamente tutto ciò non rientra nella mia cultura e penso che la squadra abbia dato tutto per compiere il miracolo. C’è mancata un po’ di buona sorte che avrebbe sopperito al gap tecnico che avevamo nei confronti di squadre più attrezzate di noi”.
Vivi nel mondo del calcio ormai da tantissimi anni, prima da giocatore, poi da allenatore e adesso anche da presidente. Hai visto passare davanti a te decine e decine di generazioni. Che differenza c’è tra le società di una volta e le società di oggi? “Ai miei tempi il calcio lo si viveva in modo meno frenetico e si dava più valore alle piccole cose. C’erano meno interessi, i presidenti e i dirigenti vivevano la quotidianità della società con più trasporto, passione e cuore. Oggi c’è troppa fretta di arrivare al successo, il calcio viene considerato un mezzo per aumentare la propria notorietà. Per me invece è puro divertimento specie la domenica quando ho la possibilità di ammirare la mia squadra giocare, specie in un campionato di un certo spessore come la Promozione”
Dicono che alla fine di ogni match tutta la squadra si raduna attorno a te per ascoltare i voti che assegni ad ognuno di loro. Chi è stato, secondo te, il giocatore che si è distinto maggiormente durante la stagione appena trascorsa? “L’arma vincente della squadra è stata senz’altro il gruppo e su questo vanno i meriti ai due tecnici, bravi a renderlo affiatato e unito ma se devo indicare un giocatore non posso non dire Bonarrigo oltre che per le sue prestazioni anche per la sua spiccata professionalità”.
Hai già superato il tuo decimo anno di presidenza. Non sei stanco? Voci di corridoio dicono che negli ultimi due anni sei stato vicino a mollare tutto per svariati motivi. E’ vero? “Si, ultimamente sono stato vicino a mollare tutto a causa di brutti episodi e vicissitudini ma in fondo ci vuole ben altro per mettermi fuori gioco. Sarei uno sciocco se pensassi di avere la stima e l’apprezzamento di tutti ma fin quando guidare il Santa Croce Calcio mi darà gioia e senso di responsabilità continuerò imperterrito.”
La crisi del calcio, ormai da alcuni anni, ha coinvolto pesantemente anche la nostra provincia gettando tante società nell’incertezza. Eppure Santa Croce, nonostante il suo piccolo contesto, è ancora una delle poche realtà sportive con una certa stabilità, qual è il tuo segreto? “Spesso veniamo dipinti come un’isola felice eppure anche noi abbiamo le nostre difficoltà. Non abbiamo quella presunzione di pensare di avere la ricetta segreta o la bacchetta magica però penso che la nostra onestà e correttezza nei confronti dello staff, degli atleti, degli sponsor, dei soci, dei tifosi e delle istituzioni faccia la differenza. E’ solo grazie a ciò che oggi vantiamo una certa credibilità”.
Ci sono realtà sportive che a stento riescono ad iscriversi ai campionati, la tua società invece gestisce uno stadio, una squadra in promozione e un settore giovanile di 150 ragazzi. Da 4/5 anni, oltre ad un folto consiglio direttivo e a ben due vicepresidenti, hai pescato dal cilindro due figure che tutt’ora sono tra i tuoi più stretti collaboratori come il cassiere Roberto Arestia, un appassionato del giardinaggio ed esperto di numeri e contabilità, ed il direttore generale Claudio Agnello, un ex allenatore delle giovanili dalle spiccate doti diplomatiche. Quanto è cambiata la tua società da quando queste personalità lavorano al tuo fianco? “Tantissimo. Con il loro aiuto e quello di altri collaboratori abbiamo aumentato il grado di economicità ed efficienza di tutti gli apparati societari. Il cassiere Arestia è stato determinante, azzerando gli sprechi e ottimizzando le risorse, il dg Agnello si è rivelato un punto di riferimento importante, sia tecnico che gestionale. Su questo però, buona parte del merito va al vicepresidente Micieli che nel 2011 ha spinto parecchio affinché Claudio Agnello diventasse il nostro direttore generale”.
Nonostante i tanti apprezzamenti degli sportivi verso la tua società, non mancano però le critiche. Una di queste sembra essere la carenza di giocatori locali in prima squadra nonostante un folto settore giovanile e una quantità di iscrizioni annuali che fanno invidia a tante scuola calcio limitrofe. Quale pensi che sia la causa di cosi pochi locali in prima squadra? “I motivi sono molteplici e spesso collegati tra di loro. La nostra cittadina conta circa 10 mila persone e il bacino di giovani giocatori non è poi cosi ampio come sembra. I ragazzi che spiccano nelle proprie categorie giovanili, una volta inseriti in prima squadra, devono affrontare non poche difficoltà per evidenziarsi in un contesto e in un campionato, come quello della Promozione, che risulta più difficile di quanto sembra. Anche i giovani di oggi, purtroppo, sono meno predisposti al sacrificio pretendendo di arrivare subito. Nonostante ciò ogni anno in prima squadra inseriamo giovani locali ma purtroppo raramente ne abbiamo raccolto i frutti. Forse se il S.Croce giocasse in una o due categorie inferiori, i giovani locali, avrebbero più possibilità ma in quel caso il loro interesse e i loro stimoli diminuirebbero di fronte all’opportunità di giocare in un campionato di minor profilo”.
La tua società ormai si distingue e viene sempre più apprezzata oltre che per la serietà, l’onestà e il clima familiare soprattutto per una programmazione sempre più dettagliata. Pensi che nonostante le tante difficoltà, la realtà di Santa Croce possa ancora migliorarsi? Sia sotto l’aspetto tecnico e sportivo e sia sotto l’aspetto societario? “Penso di si anche se non è facile. Ogni anno le risorse sono sempre meno e spesso bisogna ricorrere a nuove idee e strategie per fare passi avanti. Gli stimoli sono la vera spinta per crescere, fermo restando che senza l’aiuto e il sostegno di tante persone oggi non staremmo qui a parlare dell’Upd Santa Croce”.
FABIO FICHERA